È una trovata visiva che, secondo me, punta a una chiarezza quasi didascalica, e per quanto efficace, non soddisfa chi, come me, cerca una narrazione più allusiva o sorprendente già nell’incipit.

Molto più intriganti, invece, sono le soluzioni della sequenza successiva: quel mosaico dorato su fondo nero – stilizzato e digitale, quasi pixellato – suggerisce, a mio avviso, la coesistenza di tradizione e contemporaneità, ed è proprio in questo tipo di accostamenti che trovo il sottotesto intelligente che personalmente apprezzo nella comunicazione visiva. Certo, sarei curioso di vedere un maggior sviluppo narrativo di questa cifra stilistica lungo tutto lo spot, invece di lasciarla come fugace suggestione.

L’entrata in scena delle parole chiave CULTURA, STORIA, BELLEZZA, VITA che si susseguono con piglio categorico sulle immagini emblematiche, per quanto prevedibile, ha il merito di costruire un filo conduttore chiaro per chi guarda. Io però, dal mio punto di vista, trovo questa soluzione un po’ scolastica: manca forse quello spiazzamento, quella sottile ironia o quell’effetto di “doppio fondo” che distinguono le campagne di grande statura creativa. Tuttavia, riconosco che l’abbinamento tra parole e immagini è coerente e comprensibile anche per un’audience trasversale.

Sul fronte visivo, la regia e la fotografia sono di qualità indiscutibile: ci sono panoramiche mozzafiato, dettagli studiati e un sapiente bilanciamento tra iconografia storica e vitalità quotidiana. Mi piace particolarmente la scena della folla nella piazza, resa volutamente sfocata, con coriandoli e una figura monastica sul palco: c’è un accenno di surrealtà e vitalismo che spinge oltre la semplice estetica da catalogo turistico. Anche il brindisi con i calici di vino, incorniciato da fiori rossi, trasmette convivialità senza mai risultare troppo patinato: per me, un segno di autenticità.

La coerenza della brand identity è mantenuta con costanza, grazie al ricorrente logo “La7 HD” e ai richiami ufficiali che chiudono lo spot. Interessante la scelta di lasciare in lingua originale i claim principali (Cultura. Storia. Bellezza. Vita.), come a volerli imprimere con forza allo spettatore senza mediazioni. È, nella mia opinione, una sottolineatura identitaria che rafforza la memoria del messaggio.

Quello che mi lascia un pizzico insoddisfatto, per il mio spirito critico incline alle trovate narrative e ai giochi metatestuali, è un certo didascalismo che emerge soprattutto nella sequenza delle parole e nella rappresentazione delle bellezze naturali e storiche. Vorrei trovare una maggiore audacia nel modo di raccontare la contemporaneità di Agrigento, magari sfruttando dialoghi, metafore visive inaspettate o un montaggio più destrutturato, elementi che potrebbero innalzare ulteriormente il tono e il livello della comunicazione.

Ritengo, comunque, che il messaggio arrivi nitido e targettizzato a un pubblico nazionale e internazionale con un genuino interesse per la cultura, le tradizioni e la scoperta di nuovi territori: un chiaro invito ad esplorare Agrigento da visitatori consapevoli, non da semplici turisti.

Che ne pensi tu? C’è qualche passaggio che ti ha davvero colpito o lasciato indifferente? Pensi che la resa visiva e lo stile siano all’altezza dell’ambizione di “Capitale italiana della cultura”? Mi piacerebbe confrontarmi con altri punti di vista, sia sul piano tecnico che emotivo!