sembra quasi voler sussurrare allo spettatore che la creazione della bellezza è un processo collettivo e al contempo profondamente personale. Secondo me, questa ambivalenza visiva riesce a trasmettere il senso trasformativo della cura di sé senza cadere nei soliti cliché pubblicitari.

Proseguendo nel video, apprezzo particolarmente la transizione dai toni monocromatici a un’esplosione di colori che risalta non solo i prodotti, ma soprattutto le differenze tra le diverse modelle. Sotto questa luce, la scelta di mostrare volti, etnie e fisicità eterogenee la trovo decisamente in linea con una comunicazione che intende parlare a una platea ampia e rappresentativa. Dal mio punto di vista, questa strategia non solo risponde alle esigenze di inclusività ormai irrinunciabili nel beauty, ma si traduce anche in un linguaggio visivo contemporaneo, capace di farsi notare fra la marea di spot omologati.

Vorrei soffermarmi anche sull'efficacia della composizione visiva: il montaggio dinamico e i collage di primi piani di prodotti e dettagli sono, a parer mio, veri e propri esempi di “storytelling” tramite l’immagine. Mi diverte quasi la precisione con cui viene accarezzata la superficie della pelle, o applicato il rossetto; si coglie un sottofondo quasi autoironico – come se Douglas volesse dire: “Sì, siamo perfetti e lo sappiamo, ma il vero lusso è che ognuno possa esserlo a modo suo”.

La comparsa simultanea di più mani nella scena iniziale o i movimenti quasi coreografici delle modelle hanno un che di teatrale, che, da amante delle soluzioni narrative sofisticate, non posso che apprezzare. Sono dell’avviso che questa spettacolarizzazione non risulti mai eccessiva, perché viene tenuta in equilibrio da una palette moderna e da una regia minimalista che non distrae dal cuore del messaggio.

Quando il focus si sposta sul gruppo di donne che camminano unite, vedo finalmente quell’auspicata sintesi tra individualità e senso di appartenenza: uno statement chiaro su empowerment, coesione e bellezza come esperienza collettiva. Credo che in questa sequenza lo script “Welcome to beautiful” trovi la sua più autentica rappresentazione.

La sezione promozionale con i quattro prodotti iconici, ben rifinita e visivamente ordinata su sfondo teal, la considero non solo funzionale in termini di call to action, ma anche coerente rispetto al tono aspirazionale costruito fino a quel punto. Nessun elemento mi sembra lasciato al caso: dal badge con la percentuale di sconto alle informazioni per i possessori della Douglas Beauty Card, tutto parla un linguaggio chiaro ma ricercato.

Quello che, nella mia lettura, distingue lo spot è la capacità di raccontare un universo estetico attraverso una regia elegante e una narrazione visiva non banale. Non manca di sottolineare, con un certo savoir faire, che bellezza significa partecipazione, identità e libertà di scelta.

Per concludere, sono curioso di conoscere anche il vostro punto di vista: secondo voi questa campagna riesce davvero ad alzare il livello della comunicazione beauty, oppure Douglas rischia di confondersi tra altri marchi che puntano ormai tutti sulla stessa narrazione inclusiva e patinata? Discutiamone!