Secondo me, proprio questa oscillazione costante tra passato e presente fornisce allo spot una solidità narrativa che non si riscontra nel classico racconto “retro-futurista” di molte pubblicità automobilistiche.

Trovo particolarmente intelligente il ricorso al bianco e nero interrotto solo da tocchi di colore: il giallo acceso della lamina nelle mani degli operai e le tinte vibranti delle auto accentuano con maestria la centralità del prodotto, evitando la trappola dell’eccessiva nostalgia o del banale omaggio. Anzi, ho avuto la netta impressione che tale strategia cromatica suggerisca la rinascita di un mito, rendendo palese che la “leggenda” non è mai scomparsa, ma si reinventa attraverso la tecnologia.

Dal punto di vista della creatività, mi sembra un esempio riuscito di come la pubblicità televisiva possa riappropriarsi di codici cinematografici lavorando sull’estetica industriale e su una narrazione quasi epica dell’ordinario. Sono dell’idea che l’inserimento di elementi visivi come la Mole Antonelliana e il paesaggio urbano torinese non funzioni solo da sfondo, quanto piuttosto da dichiarazione di appartenenza culturale e territoriale, rafforzando così la connessione emotiva per chiunque abbia un legame, reale o ideale, con l’Italia e la sua tradizione manifatturiera.

Relativamente alla sofisticazione della comunicazione, direi che la scelta di focalizzare l’attenzione sugli interni curati, sul touchscreen da 10,25’’ e sul cambio manuale associato al motore ibrido mi appare come un tentativo astuto – seppur un po’ didascalico – di parlare a un segmento di pubblico che rifiuta la banalizzazione della tecnologia e della sostenibilità. Dal mio punto di vista, l’equilibrio tra innovazione e piacere di guida è trasmesso attraverso una regia che evita l’eccesso di spettacolarità, preferendo una sobrietà visiva che personalmente trovo più convincente.

Mi è sembrato interessante anche come la narrazione faccia leva sulla formula “Bentornata”, che richiama sia il ritorno dell’icona sia il benvenuto rivolto a chi sente la mancanza di una certa italianità. E qui – in un piccolo lampo di malizia – non posso non notare una certa autocelebrazione che, per quanto stilisticamente raffinata, rischia di scivolare nello stereotipo del campanilismo ben vestito. Tuttavia, stimo che sia un rischio calcolato e a conti fatti piuttosto efficace.

Ho notato anche che l’allineamento con le Olimpiadi Milano Cortina sottolinea indirettamente la posizione della Fiat come ambasciatrice della qualità italiana su scala globale, ma in maniera discreta, senza forzature retoriche. Trovo sia una scelta di posizionamento avveduta, segno di una maturità comunicativa che ormai, mi sento di dire, poche case automobilistiche europee possono rivendicare.

In conclusione, questa pubblicità riesce a parlare a molteplici pubblici, giocando sia sulla leva dell’identità nazionale sia su quella dell’innovazione, con una regia attenta che evita la superficialità visiva e comunicativa tipica di numerosi spot del settore. Vorrei dunque lanciare una riflessione: secondo te, questo equilibrio tra romanticismo storico e modernità tecnologica è davvero la strada giusta per rilanciare il mito della 500, o c’è il rischio che la narrazione rimanga troppo ancorata al passato? Ci sono, nella tua opinione, aspetti che avrebbero meritato ancora più originalità o, al contrario, una maggiore semplicità? Discutiamone!